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venerdì 28 ottobre 2016

Influenze culturali e peculiarità dei linguaggi figurativi tra Tarda Antichità e Alto Medioevo

Una recensione per  “Arte altomedievale” di Ernst Kitzinger


Il mio primo “incontro” con il grande studioso tedesco Ernst Kitzinger è avvenuto quando per motivi di studio ho letto l’importante volume Il culto delle icone. L’arte bizantina dal cristianesimo delle origini all’Iconoclastia[1] e successivamente l’ancora oggi fondamentale  Alle origini dell’arte bizantina[2]. Già da allora avevo apprezzato lo stile di Kitzinger, così lineare, comprensibile e sintetico pur mantenendo quella scientificità e serietà indispensabili quando si tratta una disciplina così complessa come la storia dell’arte.
Il medesimo stile emerge anche da Arte altomedievale, traduzione italiana del volume Early Medieval Art in the British Museum pubblicato per la prima volta nel 1940. Come suggerisce il titolo originale questo volume nelle intenzioni  non vuole essere un manuale di storia dell’arte dell’Altomedioevo bensì una breve ma al contempo corposa introduzione ai linguaggi artistici di quel periodo storico attraverso le opere custodite nel celebre museo londinese.

 Chi studia l’arte medievale sa benissimo che quei linguaggi e stili non nacquero all’improvviso ma furono il risultato di evoluzioni e cambiamenti avvenuti nella Tarda Antichità. Lo studioso tiene infatti a sottolineare che tale periodo, liberatosi dal pregiudizio di epoca decadente, si è rivelato in realtà di estrema importanza in quanto costituisce «il punto di partenza per quel processo di trasformazione attraverso il quale lo stile classico dei Greci e dei Romani mutò nello stile astratto e trascendente del Medioevo»[3].
 Il primo capitolo è dedicato all’analisi dei complessi processi evolutivi dell’arte tardoantica e paleocristiana  evidenziando soprattutto i rapporti tra Cristianesimo e Paganesimo che si rivelano qualcosa di più che un conflitto come spesso si tende a credere [4]. I prestiti dell’arte classica si trovano anche in quelle raffigurazioni di temi cristiani per i quali non esistevano precedenti nell’arte pagana come la Resurrezione di Lazzaro o l’entrata di Cristo a Gerusalemme. L’arte cristiana fin dalle origini aveva fatto uso dell’arte figurativa esclusivamente in maniera simbolica mentre ad un certo punto iniziarono ad essere realizzati dei veri cicli narrativi con le storie dell’Antico e del Nuovo Testamento. Si noti ad esempio una delle prime rappresentazioni della Crocefissione di Cristo su una placca in avorio del V secolo: la scena è arricchita da dettagli come la borsa con i denari ai piedi di Giuda impiccato mentre i corpi, seppur tozzi, sono vigorosi e le membra sottolineate dai panneggi ben definiti.
La Crocefissione, dalle scene della Passione intagliate  su quattro placche in avorio, inizio V secolo.


Di estrema importanza è altresì la penetrazione a Roma nel III e IV secolo d.C. dell’arte delle province che Kitzinger definisce sub-antica e che, nonostante le differenze tra i luoghi, ha come tratti peculiari un’astrazione ed una stilizzazione sconosciuti all’arte classica che invece tendeva al naturalismo. Dalle province questo stile penetra e s’impone a Roma diventando poi l’arte ufficiale tant’è che è possibile cogliere il carattere trascendentale e volutamente anti-naturalistico in alcune placche d’avorio raffiguranti apoteosi di imperatori o di consoli.
Nell’analisi di queste evoluzioni stilistiche Kitzinger non può non fare riferimento anche a Costantinopoli dove gli artisti cercano invece di conferire alle loro opere un’eleganza ed una maestosità classiche non riuscendo tuttavia ad attenersi fedelmente ai principi naturalistici. 

       Placca in avorio con l'apoteosi di un imperatore, tardo IV secolo.

Il secondo capitolo è dedicato alla produzione artistica nel periodo dell’impero carolingio. 
Kitzinger inizia con una chiara descrizione dei tratti peculiari dell’arte nordica pre-carolingia, completamente differente da quella mediterranea, costituita soprattutto da oggetti come fibule ed else di spade riccamente ornati da motivi dalle forme più diverse e complicate.
La diffusione in quelle terre del Cristianesimo permise i contatti con  i paesi del Mediterraneo con importanti conseguenze nell’ambito della produzione artistica. Grazie ai monaci missionari, infatti, ebbe modo di diffondersi l’arte della miniatura che tuttavia si distinse da quella mediterranea proprio per quel risalto, tipicamente nordico, conferito agli ornati: ne è uno straordinario esempio l’Evangelario realizzato a Lindisfarne dove sulla pagina è stesa come un tappeto una ricca e complicata decorazione fatta di intrecci, motivi geometrici ed animali fantastici.

Dall'Evangelario di Lindisfarne, Northumbria, tardo VII secolo.

È noto che il punto di riferimento per la politica imperiale di Carlo Magno era Roma, non a caso si parla spesso di un revival della cultura classica. Kitzinger ci fa comprendere però che tale revival non deve essere inteso come una semplice imitazione di modelli classici da parte degli artisti del Nord: essi infatti appresero il naturalismo ed il realismo mediterranei creando immagini fortemente espressive.
L’interpretazione dei modelli mediterranei da parte degli artisti del Nord portò a risultati differenti tant’è che sorsero diversi luoghi di produzione, conosciute come scuole, ognuna con uno stile ben definito e che lo studioso tedesco esamina scrupolosamente evidenziandone le principali caratteristiche: si pensi ai miniatori di Reims e il gruppo di Liutardo fortemente influenzati da modelli mediterranei orientali, primo fra tutti Bisanzio, e la scuola di Ada che guarda anche ai modelli occidentali come le coeve pitture murali italiane.
Gli artisti nordici tuttavia non si limitarono all’imitazione di modelli classici e mediterranei, col tempo infatti impararono ad interpretare tali modelli secondo il proprio stile che si può definire tipicamente medievale proprio per quella ricchezza del linguaggio e  per l’interesse mostrato più per l’astrattezza che per l’armonia e l’ordine classici. Un esempio cogente è dato dal magnifico Cristallo di Lotario dove, attraverso una serie di figurine animate, è narrata la Storia di Susanna e i Vecchioni.
Cristallo di Lotario con la Storia di Susanna e i Vecchioni, arte carolingia, 843-869.


Nel terzo capitolo Kitzinger esamina la situazione artistica  dei secoli X e XI partendo da Bisanzio che nel X secolo raggiunge un periodo di rinascita culturale grazie agli imperatori macedoni. Ancora una volta Bisanzio non tradisce il suo ruolo di custode della tradizione antica, lo dimostrano infatti alcune placche eburnee il cui stile è testimone di una cultura che non aveva mai smesso di studiare i modelli classici. Al contempo l’arte di Bisanzio si arricchisce di nuove suggestioni acquisendo quella ieraticità che sarà poi un tratto distintivo e che si coglie soprattutto nelle icone oltre che nelle opere in avorio. Anche l’arte manoscritta risente di questi sviluppi e lo si nota dagli elementi architettonici che perdono la loro consistenza perdendosi nel vuoto dei fondi oro.


L'evangelista Luca, da un Evangelario greco, X secolo.

Per l’Occidente invece la situazione si mostra  più complessa poiché in seguito al crollo dell’impero carolingio sorsero le singole nazioni dove si elaborarono stili diversi a seconda dei gruppi e delle scuole. Anche in questo caso Kitzinger si rivela abile nel delineare una “mappa geografica” degli stili sottolineando come Germania ed Inghilterra svilupparono e trasformarono il retaggio culturale carolingio codificando un linguaggio ben preciso mentre la Francia continuò a riprendere modelli carolingi subendo influenze inglesi, ottoniane ma anche spagnole.
Di particolare interesse in questo capitolo è, a mio parere, la parte dedicata all’Italia e la Spagna la cui produzione artistica presenta un linguaggio sostanzialmente differente rispetto a quello dei paesi del nord Europa. Gli esempi più cogenti provengono ancora una volta dalla miniatura: per quanto riguarda l’Italia, un’illustrazione con Adamo ed Eva di un Exultet realizzato a Montecassino nella seconda metà dell’XI secolo mostra chiaramente come l’artista avesse guardato a modelli classici e paleocristiani, modelli che poi si erano tramandati anche nella pittura. Si noti come l’artista abbia realizzato le due   figure con una morbidezza ed una agilità sorprendenti che Kitzinger giustamente spiega anche attraverso un rapporto culturale con Bisanzio.
Gli stessi modelli influenzarono anche la Spagna ma non furono i soli. Con la conquista degli Arabi nell’VIII secolo la cultura spagnola assorbì elementi provenienti da una cultura che si potrebbe definire opposta a quella classica: le figure divengono puro ornamento e non sono disposte in uno spazio realisticamente reso ma in una profusione di decori ed iscrizioni.

Miniatura con i Quattro Cavalieri dell'Apocalisse, dal Beato di Silos eseguito in Spagna per l'abbazia di Santo Domingo di SIlos tra il 1091 e il 1109.

In questi due secoli in Occidente ci fu un fattore importante per lo sviluppo dell’arte nei secoli successivi e cioè la crescente influenza che la Chiesa stava progressivamente conquistando. L’arte ebbe in questo un ruolo considerevole poiché fu per la Chiesa uno strumento per avvicinare il fedele: da qui la monumentalità dell’arte romanica, argomento a cui è dedicato il quarto ed ultimo capitolo. Essendo questo volume anche una guida alle opere del British Museum, in questo capitolo non si parla di arte romanica attraverso le chiese: Kitzinger tuttavia riesce magistralmente a far comprendere al lettore il carattere maestoso dell’arte romanica prendendo in esame manufatti artistici di piccole dimensioni come gli straordinari scacchi eburnei dell’isola di Lewis, così piccoli ma dalle espressioni sorprendentemente vive oppure il coperchio di turibolo in bronzo dorato che nelle intenzioni dell’artista doveva riprodurre la Gerusalemme Celeste.

Scacchi  dell'isola di Lewis, avorio di tricheco, Inghilterra o Scandinavia, XII secolo.

L’arte romanica dunque ebbe la capacità di riunire le tendenze stilistiche che nei secoli precedenti avevano dato vita a linguaggi diversi: «le figure romaniche sono meno eteree: il trascendentale era stato fatto diventare concreto.» [5]

Arte altomedievale di Ernst Kitzinger si presenta  come un'utile introduzione agli sviluppi artistici di questo particolare ed interessante periodo storico. Sebbene sia un volume piuttosto breve gli argomenti non sono trattati in maniera superficiale: le dinamiche, gli sviluppi e gli intrecci culturali sono ben esposti e riescono a configurare un panorama storico-artistico dell'Occidente Europeo e di Bisanzio di chiara lettura. 


[1] Firenze 1992
[2] Milano 2004. Traduzione italiana (a cura di Maria Andaloro e Paolo Cesaretti) di Byzantine Art in the Making. Main lines of stylistic development in Mediterranean Art 3rd-7th Century, London 1977.
[3] E. KITZINGER, Arte altomedievale, a cura di Fabrizio Crivello, Einaudi, Torino 2005, cit., p. 4.
[4] Sull'argomento si veda anche il fondamentale testo di A. GRABAR, Le vie dell'iconografia cristiana. Antichità e Medioevo, a cura di Mauro della Valle, Jaca Book, Milano 2011.
[5]E. KITZINGERArte altomedievale , cit. p. 126.

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